Seven Infinity, 65.000 mq di puro divertimento

Proponiamo l’intervista a Marco Mancin, socio del centro sportivo Seven Infinity di Gorgonzola, in provincia di Milano, a firma di Lorenzo Cazzaniga, direttore di Padel Magazine. Telematica Italia segue Seven Infinity nell’ambito della finanza agevolata, con una consulenza mirata per l’ottenimento di contributi pubblici.

Settemilacinquecento metri, l'equivalente di 325 campi da padel. Fa spavento solo a pensarci ma è la superficie complessiva di uno dei centri sportivi più all'avanguardia della provincia di Milano. Il Seven Infinity di Gorgonzola, nel territorio della Martesana, un'oasi di sport e benessere. Ma come si è arrivati a creare un simile gioiello? Come si produce business? E qual è il futuro degli sports club? Ne abbiamo parlato con uno dei soci di questa avventura, Marco Mancin.

Come è nato il progetto Seven Infinity?

Dalla volontà del comune di Gorgonzola di disporre di un impianto sportivo che non esisteva nel suo territorio e dalla nostra ambizione di creare un centro di proprietà pubblica con la qualità delle strutture e dei servizi di un club privato. La scommessa era quella ma abbiamo dovuto ragionare fuori dagli schemi.

Qual è stata la problematica maggiore?

È stata un’operazione complicata con la crisi finanziaria dei subprime che ha intaccato tutto il settore edile, tanto che molte aziende di impiantistica le abbiamo dovuto sostituire in corso d’opera. E poi c’è un aspetto che è tipico di queste situazioni...

Cioè?

La divergenza di interessi nel medio periodo tra i soci esecutori e i soci gestori. Un esempio: si parte con un budget e contratti firmati e da quel momento i primi cominciano a incassare per i lavori svolti, mentre i secondi devono aspettare almeno un paio d’anni. E durante la fase cantieristica, immancabilmente nascono dei problemi ma sono gli impiantisti che decidono di fare economia a loro convenienza. Risultato? Ti ritrovi una struttura diversa da quella pattuita ma dopo che hai investito tempo, energie e denaro, non vuoi abbandonare la nave. Per dire, al Seven Infinity doveva esserci una facciata in un materiale che non avrebbe richiesto manutenzione per trent’anni, dopo dodici ho dovuto rifarla. Ma cosa può fare il gestore? Abbassare la testa e pagare. Poi se ci aggiungi i problemi tecnici e la burocrazia, diventa una mezza impresa.

Però alla fine il centro sportivo è da first class.

Sono molto soddisfatto, a parte che doveva costare 13 milioni e alla fine ne abbiamo spesi 18. Eravamo sei soci e siamo rimasti in due, il sottoscritto e Piscine Castiglioni: insieme ci siamo accollati i cinque milioni di differenza. A questo bisogna aggiungere gli imprevisti come Covid o rincaro dei costi S energetici: senza le spalle coperte, è un’avventura rischiosa. Ho partecipato ad altri dieci progetti e capito che serve organizzazione, prudenza e il giusto equilibrio finanziario nelle aspettative perché non ho mai visto un cantiere risparmiare rispetto al budget previsto.

Però, oltre al Seven Infinity, hai comunque deciso di gestire altri centri sportivi.

Erano nove, ne ho tenuti quattro. Il mio attuale socio ha scommesso su una possibile gestione virtuosa dei club. Faceva fatica a installare nuove piscine dato i costi troppo elevati e quindi ha capito che era meglio offrire ai comuni un progetto di riqualificazione dove le piscine erano uno degli asset. Il Seven Infinity è stato il progetto pilota, ora ne ha 14. Loro sono un’industria notevole determinata a investire per far decollare il progetto, con la forza finanziaria di aspettare anni prima di concludere un progetto e nel frattempo spendere ciò che è necessario in progettisti, ingegneri e avvocati. Per chiudere l’affare dell’Italcementi di Bergamo hanno atteso otto anni...

 

Come giudichi la situazione attuale dei centri sportivi?

Ho abbastanza esperienza per affermare che questo settore fatica a crescere perché manca di visione aziendale e di pianificazione come avviene nell’industria. Noi facciamo bilanci trimestrali ma è complicato perché chi lavora nel settore spesso non ha una mentalità imprenditoriale e l’utente finale ha come unico obiettivo fare sport spendendo poco. A Milano gestiamo la piscina Bocconi, la più bella della città, e ci guardano storto perché il nuoto libero costa 11 euro al posto dei 9 che fa pagare Milanosport, che non è nota per la qualità delle sue strutture. Poi a Milano e provincia funziona lo stesso, ma non c’è la giusta percezione.

Il padel come si è inserito in questo contesto?

È stata un’opportunità interessante anche se certe zone si sono saturate prima del previsto. La bolla del calcetto è durata dieci anni, mentre in alcune città non c’è già più spazio per altri centri padel. In più, c’è stato un forte aumento dei costi: nel 2020 un campo coperto mi costava 80-90 mila euro, ora circa 130 mila, se vuoi avere una struttura top. Io mi sono affidato a Italian Padel per i campi e Prima Sport per le coperture che reputo il top del mercato. Però il prezzo dei campi non è cresciuto in proporzione.

Che ruolo recita il padel all’interno del Seven Infinity?

Il peso specifico complessivo è solo dell’8% circa sul fatturato complessivo perché l’impianto ha dimensioni atipiche: 65.000 metri quadri con sette piscine e due palazzetti, oltre ai campi da padel, tennis, calcio a 7, calcetto, palestra, Spa e centro medico. Se questo impianto fosse otto chilometri più vicino a Milano dovrei avere la security all’ingresso per evitare il sovraffollamento! E fatturerebbe il doppio.

Meglio gestire un centro multisport o uno più verticale?

Dipende dall’obiettivo del gestore perché possono funzionare anche dei centri iper verticali come piscine per soli anziani o bambini. Credo che il racquet club sia un’ottima soluzione, una sorta di tennis club anni 80 allargato al padel e al pickleball. Però c’è bisogno di strutture aperte a tutti e non solamente ai soci. Al Seven Infinity, metà dell’utenza è pay-peruse e l’altra metà con membership di medio periodo.

Un club only padel è ancora un buon business?

Certamente ma deve essere di alto profilo e non mi riferisco tanto alla struttura ma al contenuto dei servizi in una location interessante. Io non andrei a CityLife dove ormai ci sono tantissimi campi, ma cercherei una zona meno satura, anche in provincia, come potrebbe essere Monza o Cologno Monzese. Qui si era aperta un’opportunità davanti a Mediaset che sarebbe un piccolo gioiello con un target ideale. Il padel club è perfetto anche per attività di socializzazione.

In un padel club è più determinante la qualità della struttura o della gestione?

Ormai entrambe sono imprescindibili. Una bella gestione all’interno di una brutta struttura nel medio periodo non funziona, ma anche viceversa si soffrirebbe. Tre anni fa potevi fare i peggiori campi del mondo ed essere totalmente incompetente in materia e comunque li riempivi; ora non è più così. Comunque, dovessi proprio scegliere, meglio una gestione accurata. Certo, se poi i campi non hanno l’altezza giusta, le luci corrette, gli spazi adeguati, rischi di far fatica ad avere l’occupancy prevista. E poi c’è l’imponderabile...

Tipo?

Credo di aver perso circa il 20% dell’utenza padel perché dagli spogliatoi ai campi devono percorrere ben 80 metri! Ma come, vieni a sfondarti di fatica per 90 minuti e poi sei troppo pigro per fare 80 metri? In quel caso, alzo le mani. La verità è che tutti vorrebbero alloggiare in un cinque stelle che, al momento del check-out, diventa un tre stelle. Credo sia un’abitudine molto italiana perché all’estero il servizio sono abituati a pagarlo. Credo sia un’abitudine molto italiana perché all’estero il servizio sono abituati a pagarlo.

Un servizio di cui hai usufruito è stato quello di finanza agevolata fornito da Telematica Italia: come lo giudichi?

Molto bene, mi hanno affiancato in questo mondo dei finanziamenti pubblici agevolati e ho portato a casa diversi bandi interessanti. Sono bravi, professionali, preparati.

Quale genere di bandi ti sei aggiudicato?

Nel mio caso legati allo sport, come finanziamenti per la costruzione di campi da padel, efficientamento energetico, strumenti per la sicurezza dei lavoratori, digitalizzazione dei processi e così via. Telematica Italia mi supporta con la loro consulenza e mi segnala le migliori opportunità.

In termini economici, quanto possono valere questi bandi?

Cifre variabili ma spesso significative. E può trattarsi di un finanziamento a tasso zero o rimborsi su spese sostenute a fondo perduto. Per esempio, con i due bandi ai quali stiamo partecipando, potremmo risparmiare circa 100.000 euro. Però devi essere seguito da professionisti.

Da qui a cinque anni, cosa prevedi nel tuo settore?

Mah, vorrei vedere maggiori opportunità ma credo che il settore sia un po’ in stallo. Sarebbe bello confrontarsi sulla qualità della struttura e dei servizi, invece talvolta diventa solo una battaglia dei prezzi. Ai club manca una visione aziendale: siamo pieni di associazioni che vanno a piangere dal comune per ricevere un aiuto e altre che vengono gestite senza il minimo criterio imprenditoriale. Sai quante accantonano ogni anno una quota per le future manutenzioni? Pochissimi. Comunque sia, l’errore più grave che possono commettere i padel club è abbassare i prezzi, anche se temo che sarà un percorso inevitabile. In futuro sopravviveranno i centri più strutturati, mentre quelli più piccoli e dimessi spariranno. Resisteranno anche quelli da tre, quattro campi con un ottimo maestro che ha saputo costruirsi una community fidelizzata perché è giusto che un buon lavoro venga ripagato.

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