Più tempo per finalizzare gli investimenti, automatismi nel calcolo dei risparmi energetici, cumulabilità con altri incentivi europei. Il piano Transizione 5.0 cambia nella direzione voluta dalle imprese, modifiche concordate con l’Europa che puntano a rivitalizzare uno strumento finora poco utilizzato. «Ero al telefono fino a pochi minuti fa con Bruxelles - spiega il capo segreteria tecnica del Mimit Marco Calabrò nel corso dell’evento sul tema organizzato a Milano da Bnl Bnp Paribas - e posso dire che le novità sono positive». Un primo via libera, che dovrebbe concretizzarsi oggi, riguarda l’estensione dei tempi per l’installazione degli impianti, che si allungano di quattro mesi fino al 30 aprile 2026. Il termine di giugno per la rendicontazione con la Ue non cambia ma a contrarsi sono i tempi di attività da parte del ministero, il che offre alle imprese margini temporali aggiuntivi. Altro nodo risolto è quello del cumulo con altri incentivi europei, via libera che formalmente da parte della Ue dovrebbe arrivare la prossima settimana ma che di fatto pare sbloccato. Ma l’aspetto forse più rilevante è la semplificazione nel calcolo dei risparmi energetici, necessario per poter accedere al credito di imposta e per la definizione dell’aliquota di incentivo. La sostituzione di beni ammortizzati da almeno 24 mesi (non un caso infrequente, per un parco macchine nazionale che ha oltre 14 anni di anzianità), non richiederà alcuna analisi, con l’accesso diretto al credito di imposta minimo, che negli emendamenti depositati è già previsto passare dal 30 al 50%.
Modifiche, in parte già presenti negli emendamenti alla Legge di bilancio, in parte da inserire, che puntano a rilanciare lo strumento, ancora al palo con appena 130 milioni prenotati (su oltre sei miliardi) da parte di 413 imprese. «Crediamo che ora si possa accelerare in modo significativo - spiega Calabrò - anche perché dopo una fase iniziale in cui come davanti ad ogni novità c’è un attrito di primo distacco, ora i numeri crescono: altre centinaia di imprese hanno avviato le pratiche e dall’inizio di novembre ad oggi vediamo un quasi raddoppio dei numeri». Novità gradite alle imprese, che proprio sui tempi e sulla semplificazione chiedono correttivi. «Avevamo espresso i nostri dubbi - spiega il presidente di Assolombarda Alessandro Spada - e questi cambiamenti vanno nella direzione che auspicavamo, si tratta di una buona notizia: è un bene avere più tempo, perché siamo partiti tardi, così come positiva è la semplificazione, perché il calcolo dei risparmi energetici è difficoltoso». Strumento, quello di Transizione 5.0, su cui le aziende contano per poter agire in modo anticiclico all’interno di una fase complessa, in cui il rallentamento dell’economia e dell’industria è evidente. «Abbiamo visto quanto Industria 4.0 sia stata importante per la ripresa - aggiunge Spada - e oggi vediamo come soprattutto per le Pmi sia cruciale disporre di strumenti come Transizione 5.0 e Ires premiale: misure orizzontali, che premiano chi investe in innovazione e guarda al futuro». «Se penso al recente passato - commenta l’ad di Bnl e responsabile di Bnp Paribas in Italia Elena Goitini - penso ad una misura capace di generare gli effetti di Industria 4.0. La Transizione 5.0 mette insieme le tre i: investimenti, innovazione e intelligenza. Sono le cose che ci permettono di accelerare anche su questo territorio». All’interno di un quadro complesso, spiega la presidente e Ceo di Marcegaglia Holding Emma Marcegaglia, in cui alla stabilità del passato è subentrata l’incertezza geopolitica di oggi. «Se prima le scelte aziendali erano basate su costi ed efficienza - aggiunge - ora siamo in un mondo completamente diverso. Viviamo in uno scenario incerto in cui non c’è più una diplomazia globale e dal punto di vista economico sembrano valere solo dazi e chiusure. Un mondo in cui il protezionismo è in crescita e con Trump negli Stati Uniti questa situazione rischia di aumentare». Complessità a cui il gruppo ha reagito aumentando velocità e flessibilità decisionale, diversificando mercati e forniture, realizzando acquisizioni che consentono di autoprodurre oltre un quarto dell’acciaio trasformato, investendo in tecnologie di frontiera verso la sostenibilità. «Se si ha una visione chiara - spiega - si può gestire l’incertezza, cogliere opportunità e crescere, anche in uno scenario sempre più complesso». Criticità acuite ora dalla presidenza Trump, che nelle stime di Sace potrebbe costare all’Italia dai 4 ai 7 miliardi a partire dal 2026. «Tempo utile per adattarsi - spiega l’ad Alessandra Ricci - come del resto già abbiamo fatto diversificando l’export verso altre mete, compensando così il calo dei volumi diretti in Germania».
Fonte: Il Sole 24 Ore, Imprese eTerritori del 22 novembre 2024