Il Dl Agricoltura (Dl 63/2024) reca una paradossale quanto amara rivelazione che, con riferimento al credito d’imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno fruito in passato, ha preoccupato il mondo agricolo, della pesca e dell’acquacoltura. L’articolo 1, comma 6, allunga i tempi entro cui le Entrate possono recuperare bonus e crediti d’imposta, costituenti aiuti di Stato o aiuti de minimis, fruiti illegittimamente, non per ragioni imputabili alle imprese, ma a seguito della mancata registrazione del relativo regime di aiuto a opera dell’autorità responsabile.
I termini ordinari in scadenza tra il 31 dicembre 2023 e il 30 giugno 2024, già prorogati di un anno dall’articolo 3 del Dl 215/2023, sono stati differiti di un ulteriore anno, ampliando, altresì, il perimetro della proroga che contempla oggi i termini in scadenza ordinaria tra il 31 dicembre 2023 e il 31 dicembre 2025. Il comma 8 della medesima norma, riferendosi all’attuazione del differimento dei termini, fa riferimento al bonus Mezzogiorno fruito dai comparti in questione per investimenti effettuati «fino al 31 dicembre 2023». Ciò aveva lasciato intendere che le autorità responsabili non avessero registrato nei registri nazionali degli aiuti di Stato (Rna, Sian e Sipa) il relativo regime.
Con la conseguenza che le imprese, malgrado la preventiva conferma della prenotazione da parte delle Entrate, ne avrebbero fruito illegittimamente e sarebbero state obbligate alla restituzione.
La collocazione degli aiuti nei registri, in virtù dell’articolo 17, comma 2, del Dm 115/2017, costituisce condizione di efficacia costitutiva degli incentivi. Ma a tal fine non è sufficiente l’esposizione dei dati nelle dichiarazioni fiscali delle imprese, se l’autorità responsabile non abbia preventivamente registrato nei richiamati registri il regime degli aiuti o degli aiuti ad hoc. Ciò in virtù degli articoli 8, comma 1, e 10, comma 6, del Dm 115/2017.
Il disegno di legge di Bilancio 2025, all’esame della Camera, conferma la validità di tali posizioni, tentando di risolvere il problema.
Reca una disposizione, infatti, che autorizza il ministero dell’Agricoltura e della sovranità alimentare ad adempiere agli obblighi di registrazione a suo carico, per gli anni 2018-2022, affinché l’agenzia delle Entrate possa registrare l’aiuto individuale esposto dalle imprese nel quadro Rs dei modelli Redditi.
Per il 2023, il problema non si pone grazie ai 90 milioni stanziati dallo stesso Dl Agricoltura (si veda «Il Sole 24 Ore» del 17 ottobre 2024).
In tal modo, per gli anni interessati, è esclusa la notifica di qualsiasi atto di recupero. Ma soltanto a condizione che l’incentivo sia stato fruito «nei limiti e alle condizioni previste dalla normativa dell’Unione europea in materia di aiuti di Stato nei settori agricolo, forestale e delle zone rurali e ittico». E qui un altro problema. Non è stata mai indicata, infatti, la normativa comunitaria cui far riferimento.
Alcune istanze di interpello sul tema non hanno mai trovato risposta con la motivazione che le Entrate attendevano un parere del ministero dell’Agricoltura (ex Mipaaf), mai pronunciatosi.
In virtù della formulazione delle norme istitutive del bonus (articolo 1, commi 98-108, legge 208/2015), il beneficio sembra configurare un aiuto di Stato, non un aiuto «de minimis». A conferma di tale posizione, si deve rilevare che il legislatore, per altre agevolazioni fiscali subordinate ai limiti del regime de minimis, ne ha fato espressa menzione.
Se dovesse applicarsi il regolamento (Ue) 702/2014, per gli aiuti di Stato nei settori agricolo, forestale e nelle zone rurali, l’intensità massima dovrebbe attestarsi al 40 per cento. È la percentuale prospettata quale soluzione interpretativa in un’istanza di interpello rimasta inevasa. La società istante impugnava il silenzio dell’Amministrazione finanziaria sostenendo che, secondo l’articolo 11 dello Statuto, lo stesso valesse come assenso rispetto alla soluzione prospettata.
La Cgt di I grado di Oristano, con sentenza 46 del 25 marzo 2024, condivideva le ragioni dell’impresa confermando il diritto all’incentivo nella misura del 40 per cento.
Fonte: Il Sole 24 Ore, Famiglia & Lavoro del 29 ottobre 2024