Aiuti 5.0, il decreto darà l’ok agli ordini dal 1° gennaio 2024

Un’attesa molto più lunga del previsto sta bloccando gli investimenti delle imprese che attendono i provvedimenti attuativi per i nuovi crediti d’imposta 5.0.

Il piano intende spingere progetti di digitalizzazione che consentono di conseguire anche un risparmio energetico. Dopo una prima tabella di marcia, che indicava l’obiettivo di inizio aprile, il ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit) ha deciso di attendere la conversione in legge del decreto Pnrr che ha istituito i nuovi incentivi. Il decreto è stato approvato in via definitiva al Senato il 23 aprile e ora non sembrano esserci più ragioni per procrastinare.

Il pressing delle imprese cresce di settimana in settimana anche perché la finestra temporale per effettuare gli investimenti è particolarmente stretta, limitata al biennio 2024-2025. A questo proposito, non si può escludere un ampliamento dei termini ma questa ipotesi è legata a un’eventuale rinegoziazione complessiva del Pnrr tra governo e Commissione europea e quindi a una conseguente proroga del termine di rendicontazione delle spese fissato al 31 dicembre 2025.

Al decreto sugli obiettivi da conseguire e sui soggetti certificatori, che dovrà essere emanato dal Mimit di concerto con il ministero dell’Ambiente, sarà affiancato un dettagliato regolamento tecnico. Diversi elementi sono stati esposti dai tecnici del Mimit nel corso di un incontro organizzato a Padova da Confindustria Veneto Est.

Alle domande delle imprese, preoccupate per la scarsa chiarezza sulla decorrenza del periodo di agevolazioni, il ministero ha risposto assicurando che gli incentivi varranno a partire dal 1° gennaio 2024 (e non, considerando l’entrata in vigore dal Dl Pnrr, dal 1° marzo 2024). Ma, è stato anche chiarito, il termine vale per la definizione dell’ordine e non per la consegna. Un’interpretazione estensiva, che avesse considerato anche la consegna di beni ordinati prima del 1° gennaio, avrebbe agevolato investimenti di fatto già programmati cancellando il valore addizionale degli incentivi.

Oltre alle comunicazioni ex ante e ex post - rispettivamente sulla descrizione del progetto di investimento e sulla sua effettiva realizzazione - occorrerà inviare al Gse (Gestore dei servizi energetici) comunicazioni periodiche sull’avanzamento dell’investimento. L’orientamento è inserire nel decreto attuativo l’obbligo dopo il primo mese di aver effettuato pagamenti relativi all’ordine per almeno il 20%, in riferimento all’acquisto sia di beni strumentali sia di impianti per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili.

Per quanto riguarda invece le certificazioni che devono essere rilasciate da valutatori indipendenti (adempimenti aggiuntivi alle comunicazioni prima citate), il ministero chiarirà che possono essere redatte dal medesimo soggetto, purché si tratti di un Ege (esperto di gestione dell’energia) o di un Esco (energy service company) certificato da un organismo accreditato.

Per ammissione dello stesso ministero delle Imprese ad ogni modo il percorso del piano 5.0 sarà particolarmente complicato. Un punto critico - come sollevato da un ampio gruppo di associazioni industriali ad alto consumo energetico (si veda Il Sole-24 Ore di ieri) - riguarda l’esclusione totale dall’accesso ai benefici per le attività svolte nell’ambito del sistema di scambio di quote di emissione della Ue (Ets). Un elemento pesante per il sistema industriale che, almeno per ora, i negoziati avviati dal ministero con i funzionari della Commissione europea non sono riusciti ad attenuare. Poi ci sono dubbi interpretativi non risolti. Come si calcola il risparmio energetico se l’investimento riguarda una nuova linea di produzione e non un’integrazione o un ampliamento? Nel decreto attuativo in stesura ci sarà una metodologia di riferimento per macrosettori ma ancora orientativa. Sarà comunque chiarito l’obbligo di mantenere i beni 5.0 che vengono incentivati per almeno cinque anni, assicurando per tutto questo periodo la riduzione dei consumi energetici. Quanto agli impianti per l’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, i vincoli temporali dell’investimento saranno legati alla realizzazione e non al successivo allaccio alla rete, condizione che esporrebbe la maggioranza delle imprese al rischio di sforare i tempi.

Fonte: Il Sole 24 Ore, Primo Piano del 26 aprile 2024.

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