Purtroppo, la prima risposta dei diretti interessati è stata tiepida: finora sono state assegnate soltanto 1.709 borse (di cui 491 al Mezzogiorno). Ed è per questo che la ministra dell’Università, Anna Maria Bernini, ha deciso di correre ai ripari. Azionando una doppia leva. La prima (sotto forma di uno sconto di 7.500 euro su ogni assunzione a tempo indeterminato) è già arrivata la settimana scorsa; la seconda (accordi con le associazioni di categoria e semplificazioni burocratiche) arriverà nelle prossime settimane.
Le difficoltà operative
Per capire il punto di caduta delle novità conviene forse partire dalle criticità riscontrate fin qui. Secondo i tecnici ministeriali, la prima tornata di 5mila dottorati citati non è stata accompagnata da una comunicazione efficace sull’iniziativa in sé e sui vantaggi per gli attori coinvolti oltre a una chiara pianificazione temporale, che ha reso difficoltosa la programmazione delle attività da parte delle università. A pesare potrebbe essere stato anche un concetto di impresa beneficiaria troppo restrittiva, senza includere cioè spin-off, start-up, consorzi pubblico-privati, fondazioni, associazioni o aziende ospedaliere/sanitarie. Degne di nota paiono poi le difficoltà delle singole Pmi ad accollarsi il co-finanziamento al 50% delle borse di studio, con un costo quindi di circa 30mila euro.
Lo sconto contributivo
Per invertire la rotta un primo aiuto è già arrivato. Il Dl Pnrr approvato giovedì scorso ha introdotto un esonero contributivo a favore delle imprese che hanno finanziato l’attivazione di un dottorato innovativo e che assumono a tempo indeterminato - e senza limite d’età - personale in possesso del titolo di dottore di ricerca formatosi con borse Pnrr. Più nel dettaglio, lo sgravio (che può riguardare anche un ricercatore) ammonta a 7.500 euro per ogni “cervello” assunto, con un tetto di due posizioni attivabili per ciascun dottorato finanziato. A definire il “quando” e il “come” sarà un decreto del Mur, da concertare con Lavoro e Mef, atteso entro 90 giorni.
Le altre misure allo studio
Sul tavolo della ministra Bernini, e passiamo alla seconda fase, ci sono però altre misure per aumentare l’appeal dei dottorati innovativi. Il menù è vario. Si va dall’organizzazione di eventi informativi su tutto il territorio nazionale rivolti ad atenei, consorzi universitari, imprese, associazioni di categoria e potenziali dottorandi, alla collaborazione con le associazioni di categoria per diffondere la misura e allargare il bacino di aziende potenzialmente interessate, fino alla possibilità per reti di imprese di provvedere al co-finanziamento delle borse di studio, così da agevolare l’adesione alla misura da parte delle Pmi e superare lo scoglio finanziario di cui sopra.
Al tempo stesso il ministero dell’Università è intenzionato, da un lato, a consentire ai dottorandi di svolgere il periodo in impresa all’estero, con eventuale incentivo al rientro per investire il know-how acquisito nel sistema Paese. E, dall’altro, a facilitare il “matching” tra mondo accademico e imprenditoriale tramite una piattaforma che consenta a queste due realtà di parlarsi, superando alcuni degli ostacoli burocratici esistenti. Completano il set di interventi in arrivo un coinvolgimento più efficace e strutturato degli uffici placement delle università, al fine di agevolare il collocamento del dottore di ricerca al termine del percorso, e un incremento delle strutture per il trasferimento tecnologico. Più brevetti significa più innovazione e, dunque, più personale altamente specializzato nell’ottica di una sinergia proficua tra pubblico e privato.
Fonte: Il Sole 24 Ore, Scuola24 del 20 febbraio 2023