Sanatoria R&S: importi blindati se ci sono atti di recupero

Gli ultimi giorni prima della scadenza per l’invio sono utili per mettere a punto i dettagli della domanda di riversamento volontario del credito d’imposta ricerca e sviluppo, per i periodi dal 2015 al 2019 (articolo 3, Dl 145/2013). A maggior ragione ora che il decreto Aiuti ter – varato venerdì scorso dal Cdm e non ancora in Gazzetta Ufficiale – sposterà dal 30 settembre al 31 ottobre il termine.

La compilazione del modello, oltre a rappresentare la via d’accesso alla procedura, appare fondamentale anche perché il contribuente non solo deve indicare la causa (tra quelle previste dalla norma) per cui procede al riversamento, ma deve anche rendere una dichiarazione analitica con le motivazioni che hanno indotto al ricalcolo. La procedura, dunque, appare molto più simile a un ravvedimento operoso (senza sanzioni e interessi) piuttosto che a una sanatoria.

Sezioni e cause di riversamento

L’istanza si suddivide, essenzialmente, in tre grandi macrosezioni: il frontespizio, dove indicare i dati del soggetto che procede al riversamento e i periodi d’imposta per cui si intende fruire della definizione; le sezioni da I a V dove esplicitare, per ogni singolo periodo, i dati per il ricalcolo del credito d’imposta; la sezione VI in cui riepilogare gli importi da versare per annualità, nonchè la possibilità di poterli rateizzare o meno.

Le sezioni dalla prima alla quinta sono identiche e rappresentano la parte centrale della domanda. In particolare, nel primo riquadro occorre selezionare una o più cause (tra quelle previste) che consentono il riversamento:

  • mancanza in tutto o in parte dei presupposti per qualificare le attività di R&S, seppur realmente svolte, in base ai requisiti di ammissibilità;
  • erronea considerazione delle attività di R&S commissionate da un soggetto estero, ma non svolte in laboratori situati in Italia;
  • errori commessi nel calcolo delle spese ammissibili in violazione dei principi di pertinenza e congruità;
  • errori commessi nel calcolo della media triennale.

A differenza della prima, le ultime tre cause hanno natura prettamente oggettiva, scaturendo da elementi ben determinabili. Viceversa, la causa connessa alla mancanza dei presupposti si basa esclusivamente su valutazioni di natura soggettiva o, comunque, opinabile, spesso con effetti anche su periodi d’imposta successivi al 2019.

Le contestazioni del fisco

Per ogni annualità occorre poi evidenziare la presenza di un atto istruttorio (Pvc) o accertativo (atto di recupero) che, se notificato entro il 22 ottobre 2021 e non divenuto definitivo, non consente di poter rateizzare l’importo che scaturisce dalla definizione.

Sul punto le istruzioni specificano che in presenza di un atto (istruttorio o accertativo) il contribuente è obbligato a «riversare l’intero importo del credito contestato». La conseguenza (ingiusta ma prevista dall’ultimo periodo del comma 12, articolo 5, del decreto) è che il contribuente, se decide di aderire, è costretto a uniformarsi alla contestazione sollevata dall’ufficio sia dal punto di vista della motivazione che dell’importo da versare. Questa “forzatura” si deve presumibilmente alla volontà di eliminare alla radice il contenzioso, ma avrà l’effetto di convincere molti contribuenti a rinunciare, laddove la ripresa dell’ufficio venga considerata accettabile solo parzialmente.

Ci si chiede, inoltre, se l’obbligo riguardi solo gli atti emessi entro il 21 ottobre 2021 e non definitivi a tale data (come sembrerebbe più sistematico), o anche quelli successivi: purtroppo le istruzioni non specificano nulla.

Crediti, date e utilizzi

Poi si compila il riquadro in cui inserire il credito d’imposta originario e quello rideterminato. Per il primo occorre fare riferimento ai calcoli effettuati fuori dalla dichiarazione per i periodi 2015 e 2016 o nel modello dichiarativo per il 2017, 2018 e 2019. Inoltre, si chiede di evidenziare separatamente, per il credito d’imposta originario, gli importi utilizzati entro il 22 ottobre 2021, oltre tale data e il credito esposto in dichiarazione ma non ancora utilizzato.

Al riguardo, si ricorda che la definizione è applicabile soltanto alle compensazioni realizzate entro il 21 ottobre scorso. Gli eventuali utilizzi successivi possono essere corretti solo presentando una dichiarazione integrativa accompagnata dal ravvedimento operoso, con versamento delle sanzioni ridotte e degli interessi.

Il contribuente deve anche evidenziare il dettaglio delle date e degli indebiti utilizzi del credito fino al 21 ottobre 2021. Ciò è abbastanza semplice se la totalità delle compensazioni deve essere riversata. Viceversa, nell’ipotesi in cui la riduzione del credito non assorba tutti gli utilizzi fatti, ci si chiede se nella sezione occorra indicare comunque la compensazione complessiva effettuata nell’F24 o solo la parte considerata indebita.

Fonte: Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi del 19 settembre 2022

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