Confindustria: serve piano a tre anni, Pnrr ed energia le urgenze

La crescita è debole, a livello da “zerovirgola”, fatica a trovare slancio. La manovra è sostanzialmente a saldo zero, senza impatto significativo sul pil e, pur centrando alcuni obiettivi rilevanti, non rilancia la competitività delle imprese. Occorre un Piano industriale straordinario che vada oltre le leggi di bilancio, con tre direttrici: investimenti, competitività e contesto attrattivo. La manovra «è la prima tappa di questo percorso e ne indichiamo almeno altre due: la rimodulazione del Pnrr e il contenimento del costo dell’energia». Sono le due vere urgenze complementari alla legge di bilancio, ha detto il direttore generale di Confindustria, Maurizio Tarquini, nell’audizione di ieri in Senato. La rimodulazione del Pnrr deve puntare agli investimenti e per Confindustria deve assicurare alle imprese almeno 8 miliardi all’anno, per un triennio, come obiettivo minimo. L’auspicio è che trovi spazio un rafforzamento del credito R&S, che dal prossimo anno sarà ridotto.

Altra priorità, ridurre il prezzo dell’energia, problema non più rinviabile, ha detto Tarquini: «le misure non impattano sui saldi di bilancio e richiedono unicamente la volontà di agire». Serve un provvedimento con nuovi strumenti basati sui contratti a lungo termine per energia rinnovabile, disaccoppiamento dei prezzi dell’elettricità dal gas, eliminazione degli spread TTF/PSV che pesa per 2 miliardi all’anno, una riduzione degli oneri generali di sistema, che pesano per 10 miliardi all’anno.

«In Italia le 256mila imprese con più di 10 dipendenti contribuiscono per oltre l’80% a tenere in piedi la finanza pubblica e il sistema di protezione sociale. È questa la posta in gioco», ha detto Tarquini. Bene la tenuta dei conti e la stabilità, che hanno generato un risparmio sulla spesa degli interessi sul debito. Ma occorre la crescita: senza Pnrr saremmo in stagnazione.

Per Confindustria gli interventi imprescindibili sulla manovra sono quattro: iper-ammortamento per l’innovazione tecnologica/digitale dei processi produttivi; stabilizzazione del credito di imposta per la Zes unica per il Mezzogiorno; rilancio dei contratti di sviluppo, rafforzandone la dotazione finanziaria; conferma e rafforzamento del Fondo di garanzia per le Pmi.

Sull’iper ammortamento l’impianto è debole: la durata è limitata agli investimenti nel 2026 e serve un provvedimento attuativo. Deve essere triennale con efficacia immediata. Sulla Zes, apprezzamento per la proroga al 2028, ma occorre la conferma esplicita dei criteri di imputazione temporale e la possibilità di integrare le risorse con la politica di coesione Ue. Tarquini ha sottolineato una serie di misure fiscali penalizzanti e incerte, come l’inasprimento della tassazione dei dividendi infragruppo, «dirompente» anche rispetto a ciò che accade all’estero, e il divieto dal primo luglio 2026 di utilizzare i crediti d’imposta per compensare i debiti contributivi Inps. Occorre intervenire. Sul lavoro le misure per favorire il rinnovo dei contratti sono apprezzabili, ma non sono strutturali e possono creare incertezza. Occorre prorogare lo strumento del contratto di espansione e serve una agevolazione contributiva per le assunzioni delle grandi imprese nel Sud. Sulla sanità occorre una risposta strutturale sui tetti e va risolta la questione del payback. Bene il rifinanziamento della nuova Sabatini e le risorse per l’internazionalizzazione. Mancano misure specifiche per l’emergenza abitativa, oltre che per la ricerca industriale, ha evidenziato Tarquini, che ha riconosciuto la disponibilità al dialogo del governo, che si è tradotta nella condivisione di scelte importanti.

Fonte: Il Sole 24 Ore, Primo Piano del 5 novembre 2025.

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