L’atto d’indirizzo del 1° luglio 2025 contiene chiarimenti di estrema rilevanza pratica per le frequenti contestazioni mosse dagli uffici (e dalle procure) in tema di indebite compensazioni di crediti d’imposta (si veda «Il Sole 24 Ore» di martedì e di ieri).
Il documento fa seguito alle nuove definizioni di «credito inesistente» e «credito non spettante» introdotte dal Dlgs 87/2024 (decreto delegato sulle sanzioni) nel Dlgs 74/2000. L’aspetto forse più significativo trattato dall’atto di indirizzo attiene al trattamento da ricondurre alle situazioni in cui il credito deriva da costi effettivamente sostenuti e attività svolte, ma venga comunque contestata l’indebita compensazione per carenza di requisiti sostanziali.
In tali situazioni, in particolare, non era chiaro se risultasse integrata la definizione normativa di credito inesistente «ordinario», ossia il credito per il quale «mancano, in tutto o in parte, i requisiti oggettivi o soggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento», oppure quella di credito “sostanzialmente” non spettante, vale a dire il credito che «pur in presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento è fondato su fatti non rientranti nella disciplina attributiva del credito per difetto di ulteriori elementi o particolari qualità richiesti ai fini del riconoscimento del credito stesso».
La dottrina che aveva commentato la modifica normativa aveva osservato come tali definizioni parevano sovrapporsi, quantomeno teoricamente, in quanto non era chiara l’identificazione dei «fatti non rientranti nella disciplina attributiva del credito per difetto di ulteriori elementi o particolari qualità richiesti ai fini del riconoscimento del credito» che non integravano i requisiti oggettivi specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento.
La soluzione interpretativa proposta dall’atto di indirizzo fa leva sull’avverbio «specificamente» contenuto nella definizione di credito inesistente. In particolare, l’atto d’indirizzo ritiene che i requisiti oggettivi «specificamente indicati nella disciplina normativa di riferimento» siano quelli contenuti nella normativa primaria istitutiva del credito, nonché nelle disposizioni secondarie espressamente richiamate dalla quelle primarie, mentre eventuali ulteriori fonti di dettaglio, come ad esempio manuali tecnici, non assumono rilevanza ai fini del giudizio di inesistenza del credito salvo che la normativa primaria o secondaria operi un rinvio “specifico” a tali fonti.
Coerentemente con la delimitazione in questione della nozione di credito inesistente, è credito non spettante quello per cui risultino carenti ulteriori elementi o qualità individuate dalle fonti tecniche di dettaglio non specificamente richiamate dalla normativa, primaria e secondaria, dell’agevolazione.
Seppure l’interpretazione delle disposizioni normative sia, nella pratica, inevitabilmente compenetrata dalle indicazioni provenienti da plurime «fonti di dettaglio» cui tali disposizioni non fanno necessariamente rinvio (basti pensare alle stesse circolari dell’amministrazione finanziaria), l’approccio adottato dall’atto d’indirizzo porta a risultati soddisfacenti in punto di certezza del diritto, ad esempio confinando chiaramente al fenomeno della «non spettanza» le contestazioni avanzate dagli uffici per l’asserita carenza dei requisiti tecnici previsti dai manuali Ocse per l’attività di ricerca e sviluppo, con importanti conseguenze sotto vari profili, dai termini di accertamento alle implicazioni sanzionatorie amministrative e penali.
Conseguenza non irrilevante della qualificazione di tali fattispecie come di non spettanza del credito attiene all’esimente sanzionatoria per il reato di indebita compensazione, prevista per i soli crediti non spettanti, qualora «anche per la natura tecnica delle valutazioni, sussistono condizioni di obiettiva incertezza in ordine agli specifici elementi o alle particolari qualità che fondano la spettanza del credito» (articolo 10-quater, comma 2-bis, del Dlgs 74/2000). Tale esimente potrà, dunque, trovare applicazione in tutte le situazioni di particolare complessità derivante dall’interpretazione delle «fonti di dettaglio» in questione, con una potenziale, significativa limitazione della punibilità dell’indebita compensazione.
Fonte: Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi del 4 luglio 2025