Investimenti agevolati nelle start up

Il Dl 95/2025 (decreto Omnibus) interviene all’articolo 18 in materia di start up prevedendo che la defiscalizzazione concessa alle Casse di previdenza e ai fondi pensione che investono nel venture capital sia legata a soglie minime di investimento il cui incremento nel tempo è fissato in maniera più graduale. Il che dovrebbe consentire un più agevole raggiungimento dei risultati auspicati. La logica a livello di sistema finanziario prevede che le start up innovative debbano essere agevolate perché danno impulso alle fasi iniziali dell’impresa. Da questo punto di vista l’investimento è spesso operato dai fondi di venture capital. Dal momento che un investimento del genere necessita di capitale “paziente”, in quanto occorre accordare un certo lasso temporale allo sviluppo di tali iniziative, a sua volta chiama in causa le Casse di previdenza e i fondi pensione, che, nell’interesse dei propri iscritti e in una logica di medio lungo periodo, sono i soggetti deputati a questo tipo di investimento.

La legge per la concorrenza per il 2023 (articolo 33 della legge 193/2024) era intervenuta a fissare per le Casse e i fondi di previdenza che la detassazione degli investimenti fosse ancorata a una soglia minima per gli investimenti qualificati in quote o azioni di fondi per il venture capital (Fvc) pari al 5% per il 2025 e 10% per il 2026. Evidentemente si trattava di un obiettivo troppo ambizioso e come tale non facilmente raggiungibile. Di qui i correttivi del Dl 95/2025.

Viene innanzi tutto stabilito che il termine «investimenti qualificati» si interpreti come «gli impegni vincolanti a realizzare direttamente o indirettamente investimenti qualificati». Questo significa che non serve che l’investimento sia effettuato perché basta che ci sia il commitment a farlo, ovvero la sottoscrizione, indipendentemente dall’effettivo richiamo dei fondi che può avvenire successivamente. Inoltre l’investimento potrà essere effettuato in via diretta o in via indiretta, il che dovrebbe ulteriormente semplificare le modalità per questi specifici investitori per i quali l’investimento diretto è sempre meno agevole, rispetto al fatto di demandare a strutture ad hoc la politica di gestione e l’asset allocation.

Così la soglia che consente di ottenere la completa defiscalizzazione degli investimenti qualificati in quote o azioni di fondi per il venture capital da parte degli enti di previdenza obbligatoria (le Casse) e delle forme di previdenza complementare (i fondi pensione), andando a modificare rispettivamente i commi 90 e 94 della legge 232/16, viene stabilita in crescendo come segue: dal 1° gennaio 2025 almeno pari al 3% del paniere degli investimenti qualificati risultanti dal rendiconto dell’esercizio precedente; dal 2026 almeno pari al 5%; dal 2027 almeno pari al 10 per cento. Un simile innalzamento graduale dovrebbe consentire agli operatori coinvolti di adeguarsi meglio ai nuovi vincoli.

Viene poi modificata la lettera b-ter del comma 89 che riguarda gli investimenti in quote o azioni di fondi di venture capital con un’aggiunta volta a chiarire che l’importo totale delle risorse è investito dai soggetti indicati nei commi 88 e 92 (cioè le casse e i fondi pensione), per il tramite dei fondi per il venture capital (Fvc), in ciascuna piccola e media impresa (Pmi), entro la durata del Fvc e che ciascuna Pmi rispetta i requisiti, alternativi tra loro, previsti dall’articolo 21, paragrafo 3, lettere a), b) e c) del regolamento Ue 651/2014 della Commissione del 17 giugno 2014. Questa definizione di Pmi viene adesso utilizzata anche al comma 213 della legge 145/18 con riguardo ai fondi di venture capital che investono in tali entità.

Fonte: Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi del 3 luglio 2025

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