Transizione 4.0, un salvagente per l’acconto insufficiente

Investimenti 4.0 prenotati entro il 31 dicembre 2024, se il costo a consuntivo supera l’importo su cui si era pagato l’acconto 20% è dubbio il regime del credito commisurato all’eccedenza. In base a precedenti istruzioni, il costo originario, risultante dall’ordine e già indicato nella comunicazione ex ante, dovrebbe mantenere il regime ante modifiche della legge di Bilancio e non entrare nella nuova procedura comunicativa.

Dopo l’emanazione del Dm 15 maggio 2025 (si veda «Il Sole 24 Ore» del 16 maggio), le imprese che hanno ordinato i beni e pagato un acconto del 20% entro la fine del 2024, si concentrano sulla finalizzazione degli investimenti applicando le regole fissate dal decreto 24 aprile 2024, dato che il Mimit ha confermato che, in questi casi, il credito rimane automatico e non occorre presentare comunicazioni con la nuova modulistica.

Un aspetto problematico che spesso si pone in presenza di investimenti complessi e con lunghi tempi di realizzazione riguarda le situazioni in cui il costo finale è di importo superiore a quello indicato nell’ordine e sul quale era stato calcolato l’acconto 20 per cento. Ad esempio, ordine confermato per 100mila euro (acconto 20mila euro), costi aggiuntivi imprevedibili pari a 15mila euro, totale consuntivato 115mila euro.

Le cause di questi sforamenti possono essere molteplici. Ci si chiede se lo sforamento comporti l’inefficacia della «prenotazione» 2024, facendo slittare tutto l’investimento (115mila) nel nuovo regime (plafond di 2,2 miliardi), o se questo slittamento riguardi solo l’eccedenza (15mila). In passato (risposta 69/2025), l’Agenzia, esaminando le conseguenze di tali situazioni per l’individuazione della misura del credito applicabile (quello vigente alla data dell’ordine oppure quello dell’anno successivo) aveva affermato che si doveva suddividere il prezzo complessivo tra la parte coperta dall’acconto 20%, che manteneva il requisito della «prenotazione», e la quota eccedente, che invece si considerava investimento dell’anno successivo con spettanza della minor percentuale di tale esercizio.

Utilizzando questi criteri interpretativi per il caso attuale, si giunge alla conclusione che il costo originario (100mila) rimane nel regime precedente (non applicazione del plafond di 2,2 miliardi e del Dm 15 maggio 2025) mentre un dubbio riguarda l’eccedenza. Quest’ultimo ammontare (15mila) dovrebbe costituire investimento soggetto alle nuove regole, ma la omessa (incolpevole) presentazione delle tre nuove comunicazioni (ex ante, ex ante con acconto, e ex post) potrebbe causarne l’integrale irrilevanza per il calcolo del credito. In queste situazioni, si potrebbe ipotizzare di procedere, non appena si ha conoscenza dei maggiori oneri (e comunque entro il 31 gennaio 2026), alla presentazione di una nuova comunicazione ex ante (limitandola alla eccedenza rispetto all’importo dell’ordine 2024: 15mila), che prenderà un proprio cronologico, con il pagamento di un acconto 20% (3mila) nei 30 giorni successivi (presentando poi le ulteriori comunicazioni), inserendo così il maggior costo nel regime dei crediti 2025. Una conferma ufficiale sarebbe opportuna.

Fonte: Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi del 20 maggio 2025

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