Cumulo con i fondi Ue: cortocircuito irrisolto

Cumulabilità problematica tra il credito d’imposta “transizione 5.0” e le altre agevolazioni finanziate con risorse comunitarie, come i bandi Pnrr e quelli regionali (finanziati con fondi strutturali europei). Nonostante il chiarimento della legge di Bilancio 2025, la questione sembra tutt’altro che risolta.

L’originario comma 18 dell’articolo 38 del Dl 19/2024 (così come l’articolo 11 del Dm 24 luglio 2024) prevedeva, in sintesi, che il credito d’imposta:

non fosse cumulabile, in relazione ai medesimi costi ammissibili, con il credito d’imposta per investimenti in beni nuovi strumentali nuovi “4.0” né con i crediti “Zes unica-Mezzogiorno” e “Zls”;

fosse, invece, cumulabile con altre agevolazioni che avessero ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile Irap, non portasse al superamento del costo sostenuto.

Poco dopo il Mimit (con Faq) chiariva che la cumulabilità sussiste anche con la “nuova Sabatini”, in quanto «il credito di imposta in questione non costituisce un aiuto di Stato, pertanto non trovano applicazione i limiti in materia di cumulo previsti dalla disciplina» di tale agevolazione. Sempre con Faq veniva chiarita l’incumulabilità del credito 5.0 con altre agevolazioni previste nell’ambito dei programmi e strumenti finanziati con risorse Ue, quali ad esempio le misure incentivanti che attingono al Fesr, al Fse, al Jtf, al Pnrr e al Feasr.

Con la legge di Bilancio 2025 (articolo 1, commi 427 e 428) il panorama si è significativamente modificato (con decorrenza 1° gennaio 2024), perché è stata prevista la cumulabilità con i crediti Zes unica-Mezzogiorno e Zls e «con ulteriori agevolazioni previste nell’ambito dei programmi e degli strumenti dell’Unione europea»: a condizione che il sostegno non copra le medesime quote di costo dei singoli investimenti del progetto di innovazione e che sia evitato «il riconoscimento di un beneficio superiore al costo sostenuto».

A commento di questa novità, il Mimit (Faq n. 8.6 del 21 febbraio scorso, modificata il 10 aprile) ha affermato che – fermi restando i divieti di cumulo previsti dalle ulteriori agevolazioni di cui l’impresa intende beneficiare – «a titolo esemplificativo, nel caso di un investimento in relazione al quale l’impresa abbia già fruito di un’agevolazione con intensità di aiuto pari al 60%, il credito d’imposta 5.0 si calcola applicando l’aliquota spettante, definita sulla base dei parametri di investimento e di risparmio energetico di cui all’articolo 10 del decreto attuativo, al residuo 40% dei costi».

I chiarimenti non sembrano però aver convinto alcune Regioni, che negano la cumulabilità tra il credito 5.0 e i propri bandi Fesr interpretando restrittivamente le norme in vigore, sulla base dell’articolo 9 del regolamento Ue 2021/241 (istitutivo del Pnrr) e della circolare Mef 13/2024.

Ne conseguirebbe il divieto di cumulo della misura regionale (se finanziata con risorse Ue) sia con le agevolazioni (aiuti), sia con le misure generali (non aiuti), fruite o che si intendono fruire, finanziate o cofinanziate con risorse derivanti dal Pnrr. Ciò discenderebbe dalle peculiarità del Pnrr, in cui l’erogazione delle rate di finanziamento non è collegata alle spese sostenute e certificate, come accade per altri fondi Ue, bensì al soddisfacente raggiungimento di una serie di milestone e target. Se così fosse, non si comprenderebbe perché lo stesso Mimit affermi che «la base di calcolo del credito d’imposta deve essere assunta al netto delle altre sovvenzioni o dei contributi a qualunque titolo ricevuti per le stesse spese ammissibili», difficilmente conciliabile se vi fosse incumulabilità.

Va ricordato che la Ragioneria generale dello Stato (circolare 33/2021) proprio con riferimento al Pnrr ha chiarito la differenza tra due principi distinti e non sovrapponibili: il divieto di doppio finanziamento, previsto dalla normativa europea, che prescrive che il medesimo costo di un intervento non possa essere rimborsato due volte a valere su fonti di finanziamento pubbliche anche di diversa natura; e il concetto di cumulo, che si riferisce alla possibilità di stabilire una sinergia tra diverse forme di sostegno pubblico di un intervento, a copertura di diverse quote parti di un progetto/investimento (fattispecie che è prevista e consentita nell’ambito dei Pnrr proprio dall’articolo 9 del regolamento Ue 2021/241). È quindi possibile cumulare all’interno di un unico progetto fonti finanziarie differenti «a condizione che tale sostegno non copra lo stesso costo» (divieto di doppio finanziamento).

Se il ministero, per quanto riguarda il 5.0 e non solo, interpreta estensivamente e alcune Regioni poi restringono i concetti, il rischio è che, di fatto, si creino differenze territoriali a scapito delle imprese, con penalizzazioni difficilmente comprensibili. Urge un chiarimento tra tutte le istituzioni interessate.

Fonte: Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi del 28 aprile 2025

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