Tax credit: 4,7 miliardi ricalcolati dal Fisco in 5 anni

Chi ha chiesto il credito d’imposta per i sistemi di accumulo nel 2023 ha dovuto accontentarsi del 9,15% a fronte di un massimo possibile del 100 per cento. Chi ha puntato sul bonus acqua potabile è sceso dal 50% (teorico) al 6,45% (effettivo). Meglio è andata a chi ha investito nella zona economica speciale (Zes) unica del Sud entro lo scorso 15 novembre: dopo il raddoppio dei fondi, la percentuale è salita dal 17,67 al 100 per cento. Sono alcuni esempi di come i tax credit a richiesta possano soddisfare o deludere i contribuenti.

Negli ultimi cinque anni – ha analizzato Il Sole 24 Ore del Lunedì – l’agenzia delle Entrate è stata chiamata 26 volte a confermare o ridurre a posteriori la percentuale dei crediti d’imposta, incrociando le domande pervenute in via telematica e le risorse disponibili. Se si escludono le due situazioni in cui il Fisco ha dovuto rideterminare al rialzo le percentuali già fissate – in virtù di un aumento dei fondi – l’esito degli altri 24 provvedimenti è diviso quasi a metà: 13 bonus hanno evidenziato un eccesso di richieste e una conseguente riduzione delle percentuali, mentre altri 11 sono stati confermati in misura piena, dato che le domande non hanno esaurito le risorse.

Considerando l’aumento dei fondi per il primo bonus sanificazione nel 2020 (da 200 a 603 milioni) e per la già citata Zes unica nel 2024 (da 1,67 a 3,27 miliardi), le domande dei tax credit a prenotazione negli ultimi cinque anni hanno raggiunto 4,68 miliardi a fronte dei 4,7 stanziati. Ma la simmetria è solo apparente, perché i 13 provvedimenti che si sono chiusi con un taglio delle percentuali hanno registrato richieste in eccesso per un ammontare di circa 1,2 miliardi (ovviamente senza conteggiare i 6,9 miliardi di inizialmente richiesti per la Zes unica e poi non confermati dalle aziende). Queste domande in eccesso fanno il paio con le risorse non prenotate, spesso poi dirottate su altre agevolazioni.

Microbonus con scarso appeal

tax credit a richiesta non vanno solo contati, ma anche pesati. La dote della Zes unica incide per i due terzi dei 4,7 miliardi regolati con questo meccanismo negli ultimi cinque anni. Le altre 23 agevolazioni si dividono il resto. E spesso si tratta di briciole: in 16 casi, includendo le cinque edizioni annuali del tax credit per le fondazioni di origine bancaria, il plafond non supera i 20 milioni.

Si potrebbe pensare che misure con una dote così modesta siano destinate a un taglio draconiano. E in effetti è successo con il tax credit riservato nel 2020 alle imprese teatrali e gli spettacoli dal vivo (sceso da 90 a 4,2%), oltre che con i già citati bonus acqua potabile e sistemi di accumulo. Ma ci sono anche microbonus che non hanno esaurito neppure la magra dote iniziale: dal credito d’imposta per i titolari di impianti pubblicitari a quello per bici e monopattini elettrici fino a quelli a sostegno l’e-commerce delle reti di imprese agricole. Spesso si tratta di aiuti di nicchia, elargiti nella fase ruggente della bonus economy seguita al Covid, che a conti fatti sono stati usati solo da una minoranza di cittadini e imprese ben informati (o comunque disposti a effettuare gli specifici investimenti richiesti).

Pregi e difetti del ricalcolo

Al di là della scelta su quali bonus elargire, il meccanismo del ricalcolo ha pregi e difetti, e il suo utilizzo non è limitato ai crediti d’imposta veri e propri (si pensi alla deduzione annuale per gli autotrasportatori – che esiste da anni ed è stata un po’ il “modello”– o ai contributi del superbonus al 90% per gli indigenti).

Tra i pregi, il ricalcolo evita l’ordalia dei click day “dentro o fuori”, con annesse polemiche degli esclusi. È ormai ben rodato anche a livello telematico da parte delle Entrate. Consente allo Stato di fissare in anticipo la spesa massima, evitando di spalancare pozzi senza fondo come accaduto con il 110% e il bonus facciate. Ma – e questo è un difetto – impedisce ai contribuenti di programmare con sicurezza spese e investimenti.

Ecco perché questo tipo di misure richiede al legislatore buone capacità di regolazione e previsione: se le richieste sono troppe, si delude l’affidamento di imprese e cittadini (e forse è il caso di stanziare risorse extra); se sono troppo poche, si bloccano fondi dove non servono. Il 10 febbraio, il provvedimento delle Entrate che ha quantificato il credito per le zone logistiche speciali (Zls) ha concesso il 100%: le richieste hanno impegnato solo 876mila euro sugli 80 milioni stanziati.

Fonte: Il Sole 24 Ore, Primo Piano del 24 febbraio 2025

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