La questione del credito d'imposta per le attività di Ricerca e Sviluppo (R&S), con particolare riferimento al settore moda, è da tempo al centro di un acceso dibattito. Con la risoluzione 26 luglio 2022, n. 41/E, l’Agenzia delle Entrate aveva, infatti, fornito delle spiegazioni di interesse per le imprese, operanti nel settore della moda, che fino al 2019 avevano beneficiato del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, di cui all’art. 3 del D.L. 23 dicembre 2013, n. 145 (“Credito R&S”). La risoluzione dell’AdE, incentrata sull’acquisizione di un parere tecnico dello stesso ministero delle Imprese e del Made in Italy, ex Mise, ha escluso dall’ambito agevolativo del Credito R&S tutte quelle imprese i cui investimenti non siano stati motivati dal “superamento di un ostacolo o un’incertezza scientifica o tecnologica non superabile con le conoscenze e le capacità già disponibili, in materia”, a prescindere dai settori di appartenenza.
In tal senso, la risoluzione ha dunque fornito delle nuove interpretazioni su come gestire le attività attinenti al mondo del design e dell’ideazione estetica, in assoluta controtendenza con le indicazioni fornite dalla circolare n. 46586 del 16 aprile 2009, allegata alla circolare n. 5/E del 16 marzo 2016 (riguardante proprio la vecchia disciplina del Credito d’imposta R&S, quella attiva per il periodo 2015-2019).
In particolare per i progetti “il cui obiettivo sia la concezione e la realizzazione di nuove collezioni o campionari che presentino elementi di novità rispetto alle collezioni o campionari precedenti con riguardo ai materiali utilizzati, alla loro combinazione, ai disegni, alle forme, ai colori e ad altri elementi rilevanti, ma il cui unico ‘effetto tecnico’ riguardi, in senso ampio, la forma esteriore o l’aspetto estetico del prodotto”, si è stabilito quanto segue: “Tali attività non costituiscono attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito d’imposta…”.
Nella fattispecie, si tratta di chiarimenti che hanno letteralmente gettato nel panico tutte le aziende afferenti ai settori del tessile e della moda. Le interpretazioni allegate alla circolare n. 5/E del 16 marzo 2016 definivano, infatti, un perimetro agevolativo ben più ampio, tant’è che una volta chiarita l’ammissibilità al Credito d’imposta R&S delle fasi di “ricerca ed ideazione estetica” e di “realizzazione dei prototipi”, la circolare forniva delle ulteriori precisazioni che non lasciavano alcun dubbio circa le modalità di valutazione delle attività precompetitive agevolabili: “In conclusione, si può affermare che le attività astrattamente riconducibili alla nozione di ricerca industriale e allo sviluppo sperimentale sono, nel settore del tessile e moda, quelle che precedono la fase realizzativa del campionario o della collezione e sono collegate alla fase ideativa dello stesso e della realizzazione dei prototipi”.
Ragion per cui, in presenza di interpretazioni così differenti è auspicabile che il legislatore, o quanto meno il ministero competente, intervenga, quanto prima, per fare chiarezza sulla materia. Di sicuro la nuova sanatoria potrebbe essere uno strumento utile per tutte quelle aziende che hanno commesso degli errori nel valutare le attività progettuali agevolabili. Di contro, la sanatoria non renderebbe giustizia a tutti coloro che nel corso degli anni hanno correttamente applicato le norme e interpretazioni in quel momento vigenti.
IL CUORE DEL CONTENZIOSO: IL MANUALE DI FRASCATI
Al centro della controversia si trova il Manuale di Frascati , un documento di riferimento internazionale per la misurazione delle attività di R&S. L'amministrazione finanziaria ha fatto un ampio utilizzo di questo manuale per definire i criteri di ammissibilità al credito d'imposta, escludendo di fatto molte attività considerate tradizionalmente come R&S, come quelle di design e ideazione estetica tipiche del settore moda.
LE CRITICHE E LE CONSEGUENZE
Le imprese hanno contestato questa interpretazione, evidenziando l'applicazione retroattiva dei criteri del Manuale di Frascati a periodi d'imposta precedenti alla sua pubblicazione che è stata considerata ingiusta e in contrasto con il principio di tutela dell'affidamento; la mancanza di fondamento normativo: il Manuale di Frascati non ha valore di legge e il suo richiamo non è previsto dalla normativa nazionale sul credito d'imposta R&S; la contraddittorietà della prassi: l'amministrazione finanziaria ha cambiato più volte la propria interpretazione, creando incertezza e confusione tra i contribuenti. Le conseguenze di questa situazione sono state pesanti per le imprese, in particolare per quelle del settore moda:
- Incertezza: Le imprese non sapevano se le loro attività fossero effettivamente ammissibili al credito d'imposta, generando un clima di grande incertezza.
- Contenziosi: Molte imprese sono state costrette a intraprendere lunghi e costosi contenziosi con l'amministrazione finanziaria per difendere i propri diritti.
- Disincentivo all'innovazione: L'interpretazione restrittiva ha scoraggiato le imprese a investire in ricerca e sviluppo, con conseguenze negative sulla competitività del sistema produttivo italiano.
UN TENTATIVO DI SOLUZIONE: LA SANATORIA
Di fronte a questa situazione, è stato presentato un emendamento, all’esame delle commissioni Finanze e Bilancio del Senato, che prevede una sanatoria per le imprese coinvolte negli indebiti utilizzi di compensazione dei crediti d'imposta. Questa proposta consentirebbe alle imprese di versare una parte del credito utilizzato (almeno il 50%) e di regolarizzare la propria posizione.
Tuttavia, questa soluzione, pur rappresentando un passo avanti, non risolve completamente il problema. La proposta, infatti, non affronta il nodo centrale della questione, ovvero l'interpretazione restrittiva dell'amministrazione finanziaria e la necessità di una maggiore chiarezza normativa. Inoltre, le condizioni della sanatoria potrebbero non essere sufficientemente vantaggiose per tutte le imprese coinvolte.
IL BANDO PER IL SETTORE MODA: UN'OPPORTUNITÀ LIMITATA
Parallelamente alla discussione sulla sanatoria, il ministero delle Imprese e del Made in Italy ha emanato un bando destinato al settore moda, con l'obiettivo di sostenere la transizione verde e digitale. Tuttavia, la dotazione finanziaria limitata e i criteri di selezione basati su parametri economico-finanziari rischiano di non valorizzare appieno la qualità dei progetti presentati.
CONCLUSIONI
Il settore moda italiano, uno dei più importanti a livello internazionale, si trova a dover affrontare una situazione complessa e delicata. La vicenda del credito d'imposta per la ricerca e sviluppo ha messo in luce le criticità del sistema e la necessità di interventi più incisivi per sostenere l'innovazione e la competitività delle imprese. È fondamentale che il legislatore e l'amministrazione finanziaria lavorino insieme per trovare una soluzione duratura al problema, garantendo maggiore chiarezza normativa e semplificando le procedure per l'accesso ai benefici. Inoltre, è necessario mettere in campo strumenti di sostegno più efficaci per le imprese del settore moda, valorizzando la loro capacità di innovazione e creatività. In sintesi, la questione del credito d'imposta per la ricerca e sviluppo nel settore moda è un esempio emblematico delle difficoltà che le imprese italiane devono affrontare nel loro percorso di crescita e sviluppo e testimonia come sia sempre più necessario essere affiancati da società di consulenza che operano nel settore della finanza agevolata da anni e che sono in grado di orientare al meglio le imprese offrendo una consulenza ponderata, in alcuni casi prudenziale, e in generale strategica che metta al riparo (il più possibile) da ogni rischio.