Le imprese italiane varcheranno la nuova frontiera di sostenibilità e innovazione tecnologica grazie al Piano Transizione 5.0, lanciato dal Governo italiano nel quadro del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e del Piano dell’UE “REPowerEU”, che si propone di catalizzare una trasformazione green e digitale profonda, sostenuta da un investimento iniziale di 6,3 miliardi di euro per il biennio 2024/2025.
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 52, serie generale, del 2 marzo 2024, del decreto legge n. 19/2024 e delle disposizioni attuative del Pnrr in esso contenute, è partito quindi il via libera anche al nuovo credito d’imposta per gli investimenti effettuati nel biennio 2024-2025 in relazione al “Piano transizione 5.0”. La finalità della misura è sostenere il processo di trasformazione digitale ed energetica delle imprese.
Migliaia di imprese fremono per poter accedere al credito d’imposta Transizione 5.0, di fatto ancora fermo. Occorre, infatti, attendere l'emanazione dei relativi decreti attuativi che renderà operativa la misura e che chiarirà anche alcuni dubbi circa l'applicabilità della stessa.
Alessandro Di Tommaso e Antonio Aurino, specialisti in finanza agevolata di Telematica Italia, spiegano gli elementi di certezza (e anche quelli di incertezza) su cui si baserà la misura:
“La misura riguarderà gli investimenti effettuati nelle annualità 2024 e 2025 – affermano Alessandro Di Tommaso e Antonio Aurino - e si rivolge a ogni impresa a prescindere dalla forma giuridica, dal settore economico di appartenenza, dalla dimensione e dal regime fiscale. Per accedere all'incentivo è indispensabile che l'investimento riguardi uno dei beni materiali e immateriali nuovi e strumentali all'esercizio d'impresa, nonché rientranti nelle categorie degli allegati A e B (annessi alla legge 11 dicembre 2016, N. 232). I beni dovranno poi essere interconnessi al sistema aziendale di gestione della produzione o alla rete di fornitura e dovranno essere inseriti in un progetto di innovazione che permetta la riduzione dei consumi energetici che dovrà essere pari almeno al 3% di quelli della struttura produttiva localizzata nel territorio nazionale oppure ad almeno il 5% di quelli del singolo processo interessato dall'investimento. In rapporto all'entità del risparmio energetico, conseguito con il singolo investimento, vengono identificate 3 diverse classi. In questo modo si viene a determinare il seguente schema di aliquote:

Nell'ambito dei progetti di innovazione che concorrono a una riduzione dei consumi energetici – continua lo specialista Di Tommaso - sono inoltre agevolabili gli investimenti in beni materiali nuovi strumentali all'esercizio d'impresa e finalizzati all'autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all'autoconsumo. In tale circostanza sono quindi ammissibili gli investimenti in impianti con moduli fotovoltaici , purché questi siano connotati dalle seguenti caratteristiche: a) moduli fotovoltaici prodotti negli Stati membri dell’Unione europea con un’efficienza a livello di modulo almeno pari al 21,5 per cento; b) moduli fotovoltaici con celle, prodotti negli Stati membri dell’Unione europea con un’efficienza a livello di cella almeno pari al 23,5 per cento; c) moduli prodotti negli Stati membri dell’Unione europea composti da celle bifacciali ad eterogiunzione di silicio o tandem prodotte nell’Unione europea con un’efficienza di cella almeno pari al 24,0 per cento.
Gli investimenti in impianti che comprendano i moduli di cui alle lettere b) e c) concorrono a formare la base di calcolo del credito d'imposta per un importo pari, rispettivamente, al 120 per cento e 140 per cento del loro costo.
Inoltre – continuano Di Tommaso e Aurino - è possibile il recupero anche delle spese di formazione del personale purché riconducibili agli investimenti di cui ai punti precedenti. La formazione dovrà riguardare l'acquisizione o il consolidamento delle competenze nelle tecnologie rilevanti per la transizione digitale ed energetica dei processi produttivi. Il recupero sotto forma di credito d'imposta può avvenire nel limite del 10% degli investimenti effettuati in beni strumentali, fino a un massimo di 300mila euro. Le attività formative dovranno essere erogate necessariamente da soggetti esterni (i soggetti saranno individuati con apposito decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy, al momento mancante). Allo stato attuale – conclude Di Tommaso - si attende, dunque, l'emanazione dei vari decreti e circolari con cui definire le modalità di accesso al beneficio, i criteri di applicazione della normativa e i meccanismi di fruizione del credito d’imposta, oltre a stabilire le procedure da seguire per la predisposizione della documentazione necessaria. In pratica, le uniche certezze che abbiamo sono sui documenti da produrre (una certificazione ex ante; una comunicazione ex ante al GSE; una certificazione ex post; una comunicazione ex post al GSE; un’attestazione dell’avvenuta interconnessione; documentazione atta a dimostrare congruità e pertinenza delle spese sostenute; certificazione contabile da parte del revisore dei conti che attesti l’effettivo sostenimento delle spese ammissibili e la corrispondenza delle stesse alla documentazione contabile predisposta dall’impresa). Per quanto riguarda i punti di incertezza, mancano ancora i dettagli tecnici per l’applicazione del credito, vale a dire i criteri da seguire per il calcolo dell’effettiva riduzione dei consumi energetici correlati a un dato investimento effettuato; il template dei documenti su cui attestare il possesso dei requisiti 5.0; il quadro dei soggetti certificatori (al momento ristretto ai soli EGE ‘Esperti in Gestione dell’Energia’, ed ESCo ‘Energy Service Company’, certificati); l’iter da seguire nelle comunicazioni al GSE; la piattaforma del GSE abilitata alla ricezione sia delle comunicazioni ex ante, ed ex post, che delle certificazioni; i soggetti abilitati all’erogazione delle attività formative sui temi della transizione digitale ed energetica. A tutto ciò poi vanno aggiunte una serie di precisazioni e chiarimenti essenziali per inquadrare correttamente il perimetro delle agevolazioni. Infatti, in seguito a uno studio approfondito della misura sono state notate, da più parti, delle criticità legate alle modalità di prenotazione dell’investimento. In base alle attuali disposizioni, una volta che la piattaforma del GSE diventerà operativa, il rischio è che si possa verificare un effetto click day, con numerose imprese, o altre entità, pronte a prenotare l’investimento 5.0, mediante caricamento della certificazione ante. La procedura definita dall’art. 38 del Decreto Legge n. 19 permette, infatti, a chiunque ne abbia diritto di inserire una richiesta in piattaforma senza che l’investimento in oggetto sia stato effettivamente avviato, con il risultato di bloccare cospicue risorse a discapito di altri. L’auspicio è che, in attesa dell’emanazione dei vari decreti attuativi, il legislatore possa intervenire prevedendo un meccanismo che obblighi le aziende interessate alla misura, a confermare l’effettivo avvio degli investimenti, entro un certo periodo di tempo dal caricamento della certificazione ante. In questo modo si preserverebbe la misura dalle mire di coloro che non sono veramente intenzionati a fare l’investimento.
In relazione a quest’ultimo tema va purtroppo segnalata la temporanea bocciatura alla Camera dei deputati di un emendamento in cui si imponeva l’invio della comunicazione e certificazione ex ante solo ad avvenuto pagamento di un acconto pari al 20% dell’investimento. Tale norma avrebbe di sicuro garantito una migliore gestione delle risorse disponibili.
Tra gli emendamenti accolti va evidenziato l’inserimento di un limite alla spesa per i pannelli fotovoltaici e i sistemi di accumulo. Tuttavia anche tale soglia di investimento sarà definita solo dal decreto attuativo”.