I mali dell’Italia, Cottarelli: “Malfunzionamento PA ed eccesso di burocrazia”

Telematica Italia ha intervistato Carlo Cottarelli, uno degli economisti italiani più autorevoli, noto per il suo impegno nella riforma della finanza pubblica e per la sua visione lucida sullo stato del sistema Paese. Nel corso del dialogo, Cottarelli ha puntato il dito contro uno dei mali più radicati dell’Italia: l’eccesso di burocrazia e il suo inefficiente funzionamento, che ostacola lo sviluppo e frena l’efficacia delle pubbliche amministrazioni. Anche in ambito di finanza agevolata, l’economista non ha risparmiato critiche: secondo lui, il problema non risiede tanto nel numero di strumenti o nella facilità di accesso al credito, quanto piuttosto nella mancanza di criteri di selezione rigorosi, nell’uso indiscriminato delle risorse e nell’assenza di un vero approccio programmatico e sistemico. Per Cottarelli è essenziale che la pubblica amministrazione non si limiti ad analisi e programmazione, ma sia anche capace di operare scelte qualitative e di verificare concretamente l’efficacia dei progetti finanziati. Con il suo consueto stile diretto e trasparente, senza concessioni retoriche, Cottarelli ha infine sottolineato l’importanza dell’indipendenza delle imprese: un valore che non esclude, anzi richiede, un ruolo attivo dello Stato nel fornire strumenti concreti di supporto, purché orientati a risultati misurabili e sostenibili.

Carlo Cottarelli ha lavorato per diversi anni presso il Fondo Monetario Internazionale, dove ha ricoperto incarichi di responsabilità, tra cui quello di direttore del dipartimento Affari Fiscali. Nel 2013 è stato nominato Commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica dal Governo italiano, con il compito di individuare sprechi e proporre tagli efficienti. È noto al grande pubblico per il suo approccio rigoroso alla gestione dei conti pubblici e per la chiarezza con cui spiega temi economici complessi. Nel 2018 è stato nominato dal Presidente della Repubblica per formare un governo tecnico, incarico poi non andato a buon fine. È autore di numerosi saggi divulgativi sull’economia italiana. Attualmente è una figura di riferimento nel dibattito economico nazionale, spesso ospite in programmi televisivi e sui media. È anche docente universitario e collabora con centri di ricerca. La sua visione è improntata alla sostenibilità fiscale, all’efficienza della spesa pubblica e alla modernizzazione del settore pubblico.

Professor Cottarelli, considerando la sua esperienza con il Fondo Monetario Internazionale e l'Osservatorio sui Conti Pubblici Italiani, quali sono, a suo avviso, i principali ostacoli strutturali che impediscono all'economia italiana di raggiungere una crescita sostenibile, e come questi ostacoli influenzano specificamente l'accesso delle PMI al credito e alle agevolazioni pubbliche?

"Credo che il principale ostacolo allo sviluppo economico in Italia sia rappresentato dal malfunzionamento del settore pubblico e dall’eccessiva burocrazia. Quando si parla di problemi burocratici, in realtà ci si riferisce a due aspetti distinti. Il primo riguarda la lentezza con cui le pubbliche amministrazioni operano, spesso a causa di una cattiva organizzazione interna, strettamente legata alla gestione del personale. In un ente pubblico, così come in un’azienda privata, la risorsa principale dovrebbero essere le persone: questo significa assumere personale competente, evitando logiche clientelari, purtroppo ancora presenti in alcune aree del Paese. Significa anche investire nella formazione, garantire una retribuzione adeguata, valutare i risultati e premiare il merito, non distribuire incentivi indiscriminatamente. Lo stesso principio dovrebbe valere per le promozioni, ma non mi pare che ciò accada sistematicamente nel settore pubblico. Il secondo problema è legato alla complessità normativa, che colpisce in particolare le piccole e medie imprese. Secondo una recente stima del Dipartimento della Funzione Pubblica, guidato dal ministro Zangrillo, nel 2023 le imprese italiane hanno speso circa 57 miliardi di euro per adempiere a obblighi burocratici, una cifra che di fatto si traduce in una sorta di tassa occulta. Questo peso è particolarmente gravoso per le PMI, che spesso non hanno le risorse per affrontare tali costi, a differenza delle grandi aziende, meglio attrezzate per gestirli. Di conseguenza, l’impatto non si riflette direttamente sull’accesso al credito, ma rappresenta comunque un grave freno per il sistema economico italiano, rallentando l’operatività del settore privato e ostacolando la competitività del Paese”.

In un contesto di elevato debito pubblico e limitato spazio fiscale, come valuta l'efficacia delle attuali politiche di finanza agevolata per le imprese italiane? Quali criteri dovrebbero essere prioritari nella selezione dei beneficiari per massimizzare l'impatto economico di tali agevolazioni?

"A mio avviso, il problema principale per le imprese italiane non è l’accesso al credito. Non ritengo che esista una difficoltà strutturale in questo senso, se si escludono le questioni legate all’organizzazione dei mercati finanziari. È noto, infatti, che in Italia – e in generale in Europa – il sistema finanziario è fortemente bancocentrico: il rapporto tra risparmiatori e imprese è quasi sempre mediato dalle banche, una situazione di ‘super-intermediazione’ che limita la possibilità di canali alternativi di finanziamento. In questo contesto, la Commissione Europea sta portando avanti un’iniziativa importante, già nota come 'Capital Markets Union' e oggi riformulata come 'Saving and Investment Union', con l’obiettivo di facilitare un collegamento più diretto tra risparmio e investimenti, anche per imprese di piccole e medie dimensioni. Detto ciò, non possiamo considerare ogni difficoltà del sistema economico come un problema che lo Stato debba necessariamente risolvere attraverso interventi diretti. Al contrario, il ruolo dello Stato dovrebbe essere quello di non ostacolare le imprese con eccessiva burocrazia. La questione centrale, quindi, non è tanto 'quanto' lo Stato agevola, ma 'quanto' lo Stato riesce a non intralciare. Vorrei infine sottolineare un dato spesso trascurato: la quantità di garanzie statali sui prestiti concessi alle imprese non è mai stata così elevata da quando esistono serie storiche affidabili. A seguito della pandemia e della crisi energetica, il livello di garanzie pubbliche ha superato perfino quello registrato nel biennio 2011-2012, quando l’economia italiana attraversava una crisi profonda. Questo dimostra che gli strumenti di sostegno finanziario, almeno sotto forma di garanzie, sono stati ampiamente messi in campo".

Le recenti misure del PNRR rappresentano un'opportunità concreta per la modernizzazione del tessuto imprenditoriale italiano? In quali settori specifici ritiene che gli investimenti pubblici dovrebbero essere concentrati per generare il massimo effetto leva sull'economia reale, e come le imprese possono sfruttare al meglio queste opportunità?

"Nel campo degli investimenti pubblici, lo sforzo principale si è concentrato sul settore dei trasporti, il che è senz'altro positivo. Tuttavia, né gli interventi previsti dal PNRR né altri investimenti pubblici sono stati accompagnati da una reale analisi costi-benefici. Si è semplicemente deciso che alcune opere erano prioritarie, e si è proceduto in quella direzione, senza una valutazione sistematica dell’efficacia o dell’impatto atteso. Per quanto riguarda il sostegno agli investimenti privati, i risultati sono stati deludenti. Il programma Transizione 5.0 non ha prodotto gli effetti sperati, e sembra non aver funzionato nemmeno dopo le modifiche introdotte alla fine del 2024. Le ragioni sono diverse: da un lato, il programma era più ambizioso rispetto a iniziative precedenti come Industria 4.0, richiedendo che i progetti fossero legati a obiettivi di sostenibilità ambientale e risparmio energetico. Inoltre, le imprese dovevano dimostrare ex post il conseguimento di tali risultati, un requisito che ha aggiunto complessità. Dall’altro lato, gli ostacoli burocratici si sono rivelati eccessivi, scoraggiando molte realtà produttive. Anche sul fronte degli investimenti pubblici, i progressi procedono più lentamente rispetto alle previsioni. Resta inoltre il fatto che nessuno dei progetti in corso è stato sottoposto a una rigorosa valutazione di impatto, elemento essenziale per garantire l’efficienza e la trasparenza della spesa pubblica”.

Professor Cottarelli, alla luce delle sue analisi sulla spesa pubblica, quali sono le principali inefficienze che gravano sul sistema di supporto alle imprese in Italia? Come si potrebbero semplificare e rendere più trasparenti i processi di accesso alle agevolazioni, riducendo la burocrazia e i tempi di attesa?

"Esiste indubbiamente un eccesso di burocrazia e un sistema pubblico che si muove con lentezza. Tuttavia, il problema non risiede principalmente nella mancanza di garanzie. Le agevolazioni alle imprese ci sono, e non sono poche: non è questa la vera criticità. Il punto centrale riguarda piuttosto le basi su cui le imprese possono realmente fondare i propri investimenti e costruire percorsi di crescita. Ed è proprio su questo che occorre intervenire con decisione. Lo Stato dovrebbe evitare di ostacolare le imprese con burocrazia e inefficienze. E’ necessario sviluppare strumenti che facilitino un contatto più diretto ed efficiente tra imprese, risparmiatori e investitori”.

Alla luce dei suoi studi e delle sue esperienze, quali sono i rischi e le opportunità che l'attuale contesto economico globale presenta per le imprese italiane e quali sono le riforme economiche che ritiene prioritarie per garantire un futuro più stabile per l’Italia?

“Se la burocrazia è il problema peggiore dell’Italia, la riforma più importante è quella della burocrazia”.

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