Cristiana Lauro, esperta e assaggiatrice di vini, ha iniziato la sua carriera collaborando con la guida Vini d'Italia del Gambero Rosso, per poi intraprendere un percorso autonomo come brand ambassador e promotrice del vino italiano, sia a livello nazionale che internazionale. Autrice di articoli per prestigiose riviste di settore, contribuisce come opinionista specializzata nel settore enogastronomico su Dagospia e su Il Sole 24 Ore. Ha pubblicato "Delirium Tremens. Appunti di una wine killer" (ed. Estemporanee), “Il Metodo EasyWine” (ed. Pendragon) e ultimo uscito “Wine Not, racconti di enofanatismo” (ed. Pendragon).
Telematica Italia ha scelto di dare voce al suo stile fuori dagli schemi per affrontare, con un tocco di ironia, la crisi che il settore enologico sta attraversando e per esplorare possibili soluzioni per le imprese.
Quali sono, secondo lei, le principali cause della crisi attuale nel settore vinicolo? C’entrano anche le restrizioni imposte dal Codice della strada? Aumento dei dazi?
“Le nuove generazioni consumano poco vino mentre vanno di moda altre bevande contenenti alcol. Birre, sodati alcolici, cocktail e altro genere di aperitivi. Si tratta di una serie di concause. Il codice della strada non è cambiato nella sostanza, ma sono state inasprite le sanzioni e aumentati i controlli. Il rischio che l’UE metta in pratica quanto annunciato sull’inserimento degli alert sulle etichette - come già avviene in Irlanda - non è rassicurante. Il problema dei dazi è decisamente preoccupante e l’improvviso allarmismo dell’OMS che allerta (generalizzando i vari tipi di consumo) sui danni procurati dall’assunzione di alcol anche in piccole quantità, sono a mio avviso i due temi da scongiurare. E poi i ricarichi eccessivi applicati, soprattutto nella ristorazione, non aiutano”.
In che modo i cambiamenti climatici stanno influenzando la produzione di vino e quali strategie possono adottare le aziende per adattarsi?
“I cambiamenti climatici sono conclamati e le aziende si stanno attrezzando da tempo sotto il profilo agronomico ma anche sullo spostamento in altitudine, cosa che rende necessario mettere mano ai disciplinari. Se il cambiamento climatico toccherà punte eccessive, come sembra, in alcune zone non sarà più possibile coltivare la vite. Tuttavia, non vedo nel futuro prossimo nelle nostre campagne la diffusione di alberi di banane e piantagioni di mango!”.
Come stanno reagendo le imprese vinicole italiane alla crescente concorrenza internazionale e alla diminuzione dei consumi interni?
“In verità il calo dei consumi non riguarda solo noi, anzi è generalizzato. Ci sono tuttavia tipologie di vino che resistono meglio e altre che sono in seria difficoltà. Forse una strada può essere quella di diminuire la quantità alzando il livello qualitativo dei prodotti”.
Quali sono le opportunità di crescita e innovazione per le imprese vinicole in questo contesto di crisi?
“Con i dati alla mano attualmente non saprei rispondere se non ricordando che pare siano proprio i momenti di crisi a generare grosse opportunità. Auguriamocelo di cuore!”.
Quali sono le sue previsioni per il futuro del settore vinicolo italiano e quali azioni ritiene necessarie per superare la crisi attuale?
“Secondo me il sistema reggerà ma su tipologie con caratteristiche di bevibilità e basso contenuto alcolico. Consideriamo come buon viatico la tenuta di numeri importanti di Prosecco DOCG e del Lambrusco Doc. Dove si perseguirà la strada della qualità senza rincorrere i volumi si potrà, a mio avviso, resistere meglio a questa situazione di crisi conclamata”.