Sono soprattutto proroghe e rifinanziamenti a costituire il pacchetto per gli investimenti privati. Nel contempo il ministero delle Imprese e del made in Italy (Mimit) subisce il taglio più pesante, dopo il ministero dell’Economia (Mef), in termini di spending review.
La manovra estende di un anno il credito di imposta per gli investimenti delle imprese nella Zes (Zona economica speciale) del Mezzogiorno con 1,6 miliardi che coprono gli investimenti dal 1° gennaio 2025 al 15 novembre 2025: resterà scoperto dunque un mese e mezzo, visto che attualmente la misura è valida per spese fino al 15 novembre 2024. A fare da contraltare, però, è lo stop alla decontribuzione sui lavoratori nel Mezzogiorno, che il governo ha deciso di lasciare cadere a fine 2024 utilizzando, almeno in parte, le corrispondenti risorse proprio per la proroga del bonus investimenti Zes e per incentivi volti a supportare l’acquisto di beni strumentali per strutture produttive localizzate al Sud. Per quest’ultima agevolazione, in particolare, viene previsto un fondo con 2,45 milioni per il 2025, 1 miliardo per il 2026, 3,4 miliardi per il 2027, 1,5 miliardi per il 2028 e 750 milioni per il 2029.
Trova poi conferma, come da attese, il nuovo stanziamento per la Nuova Sabatini, l’agevolazione che abbatte il costo dei finanziamenti per i macchinari. L’autorizzazione di spesa viene incrementata di 400 milioni per il 2025, 100 milioni per il 2026 e 400 milioni per ciascuno degli anni dal 2027 al 2029. Prorogato per tre anni, fino al 31 dicembre 2027, il credito d’imposta per le spese collegate alla quotazione delle piccole e medie imprese (la copertura ammonta a 6 milioni per il 2025 e a 3 milioni per ciascuno degli anni 2026 e 2027). Previsto un fondo di 110 milioni per agevolare investimenti nel comparto turistico, con caratteristiche da definire con un successivo decreto del ministro del Turismo.
Non c’è traccia invece nella legge del rifinanziamento dei contratti di sviluppo e degli accordi per l’innovazione, altre misure di politica industriale per le quali il Mimit aveva chiesto al Tesoro un robusto intervento. Nel complesso, il pacchetto per la politica industriale entrato in manovra appare più debole delle attese. È vero che per investimenti fino a tutto il 2025 il sistema produttivo può già contare sui fondi Pnrr per Transizione 5.0 – 6,3 miliardi – e sulla quota residua dell’originario stanziamento per Transizione 4.0 – 6,4 miliardi a valere su risorse nazionali – ma nella legge di bilancio mancano del tutto interventi che consentano alle imprese di avere un orizzonte programmatico per gli investimenti da effettuare nel biennio successivo alla manovra, cioè il 2026 e 2027. Oltretutto l’articolo 119 sulla spending review dei ministeri colpisce duramente il Mimit, con 366 milioni (la quota più alta dietro ai 782 milioni del Mef), di cui ben 188 milioni sul programma “incentivazione del sistema produttivo”. Anche nei tagli collegati al conseguimento della milestone sulla spending review del Pnrr, è il ministero guidato da Adolfo Urso a pagare il prezzo più alto dopo il Mef, con 53 milioni nel 2025, 76,7 milioni nel 2026 e 113 milioni nel 2027. A parziale consolazione, guardando al periodo cumulato 2023-2036, ci sono i 3,2 miliardi assegnati al Mimit nell’ambito del rifinanziamento del Fondo del Tesoro in materia di investimenti e infrastrutture: 24 miliardi totali tra tutti i ministeri.
IL FONDO MACCHINARI
Impianti al Sud
Utilizzando le risorse originariamente destinate alla decontribuzione sul lavoro, viene creato un Fondo per incentivare l’acquisto di beni strumentali per strutture produttive localizzate al Sud. Previsto uno stanziamento di 2,45 milioni per il 2025, 1 miliardo per il 2026, 3,4 miliardi per il 2027, 1,5 miliardi per il 2028 e 750 milioni per il 2029.
Fonte: Il Sole 24 Ore, Primo Piano del 24 ottobre 2024