Per i servizi tecnici che una società italiana operante nell’impiantistica e nell’ingegneria effettua a favore di entità africane (Uganda e Tanzania), a fronte di una ritenuta convenzionale applicata da quei Paesi ai flussi in uscita (e in entrata per l’italiana) del 10% quest’ultima avrà diritto al credito d’imposta estero secondo i dettami dell’articolo 165 del Tuir. La risposta a interpello 120/2024 delle Entrate è importante per la disamina che fa dell’intero processo.
La società italiana ha una controllata in Tanzania a cui presta una serie di servizi intercompany (bilancio, consulenza finanziaria e legale, personale eccetera). Vi è poi un progetto finalizzato alla costruzione di un oleodotto che trasporta il petrolio grezzo dall’Uganda alla Tanzania per cui la società italiana ha in essere dei contratti (upstream e midstream) per la fornitura di servizi tecnici di progetto.
Relativamente a questi i pagamenti sono fatti da stabili organizzazioni in Uganda e Tanzania dei committenti (parti terze). La normativa domestica dei due Paesi africani prevede una ritenuta del 15%, mentre quella convenzionale è del 10 per cento.
Nella risposta le Entrate chiariscono che in base all’articolo 165, comma 2 del Tuir opera una lettura a specchio dell’articolo 23 del Tuir per individuare i redditi prodotti all’estero da un soggetto nazionale.
In relazione al reddito d’impresa, questo si considera prodotto all’estero se deriva da attività esercitate con stabili organizzazioni. Poiché la società italiana non ha branch estere, i redditi in questione non si considerano prodotti all’estero.
Tuttavia, laddove vi siano delle convenzioni (che prevalgono sulla norma interna ex articolo 169 del Tuir e 75 del Dpr 600/73) si deve guardare a queste ultime. L’articolo 7 delle due convenzioni prevede per i redditi d’impresa una tassazione esclusiva in Italia. Tuttavia poi le stesse prevedono sia per i compensi manageriali (Tanzania) sia per quelli tecnici (Uganda) una tassazione concorrente, con ritenuta in loco al massimo del 10 per cento.
Ora nei due contratti upstream e midstream c’è una componente significativa (se non prevalente) di servizi di tipo industriale, logistico e di approvvigionamento che esulano dall’attività di consulenza e che in base all’articolo 7 delle due convenzioni determinerebbero tassazione esclusiva in Italia.
Vi sarebbe anche una parte consulenziale nelle attività, che però dovrebbe essere espunta dall’istante in base a parametri oggettivi. Pertanto limitatamente alle remunerazioni qualificabili come compensi manageriali e per servizi tecnici (compreso il contratto intercompany con la controllata della Tanzania), stante il meccanismo di tassazione concorrente a livello convenzionale, per le ritenute subite dalla società italiana a titolo definitivo essa avrà diritto al credito d’imposta estero secondo le modalità dell’articolo 165 del Tuir (in base alla circolare 9/E/2015).
È evidente, tuttavia, quando si opera in determinati Paesi, la difficoltà laddove, come chiarito dalle Entrate, su determinati servizi, qualora si considerino utili dell’impresa ex articolo 7, vi sarebbe tassazione esclusiva da parte dell’Italia.
Fonte: Il Sole 24 Ore, Norme e Tributi del 6 giugno 2024